Questo è un post “pancista”, cioè scritto di pancia. M’ero perso gran parte del dibattito sul nuovo accordo commerciale Europa-Canada (detto CETA). Ieri tutto a un tratto leggo che con il voto finale del parlamento europeo il trattato entrerà in vigore subito, anche se i parlamenti nazionali devono ratificarlo.

A naso non mi pare ci sia stato un dibattito sufficiente attorno a questo accordo che liberalizza il commercio tra la UE e il Canada. O meglio: ci sono state proteste accese e continuative. Ma ciò non sento/vedo/leggo è una risposta forte e appassionata da parte dei sostenitori, che nel caso dell’Italia sono in sostanza il PD (con “scissione” interna rappresentata nel voto al parlamento UE) e Forza Italia.

Posso sbagliarmi, perché come ripeto ho dovuto in poche ore raccogliere qua e là informazioni che avevo perso gli anni passati. Quindi nel caso i miei pensieri siano incompleti, per favore commentate e correggetemi.

Una volta i trattati commerciali non interessavano a nessuno. Ma con la globalizzazione vissuta sulla pelle della gente, non possiamo più permetterci di non avere un dibattito vero su un accordo internazionale. Le poste in palio sono tante.

  1. La prima ovvia posta in palio in un trattato che liberalizza il commercio internazionale è l’aumento del volume di commercio. Per i sostenitori del CETA l’accordo eliminerà  500 milioni di Euro di dazi e tariffe dalle esportazioni di beni e servizi europei in Canada (e reciprocamente per quelli canadesi importati dall’Europa). L’abolizione delle tariffe riduce i prezzi, quindi aumenterebbe le esportazioni dall’UE al Canada e con esse il Prodotto Interno Lordo europeo. Anche se bisogna vedere di quanto aumenteranno per lo stesso motivo i prodotti che l’Europa acquista dal Canada (i quali invece fanno abbassare il Prodotto Interno Lordo europeo).
  2. C’è poi la questione cruciale della creazione di una sorta di Tribunale Speciale per la soluzione dei contenziosi tra investitori stranieri e Stati sovrani. E’ un tribunale unico nel suo genere. Si chiama ICS (Investment Court System), che tradotto in italiano passa per Sistema Giudiziario per gli Investimenti. Questo è un punto MOLTO importante. La società straniera che abbia investito in Europa (o europea in Canada) può citare a giudizio uno Stato europeo dinanzi al Tribunale Speciale, e fare richiesta di risarcimento nei casi in cui: riscontri un trattamento discriminatorio; lamenti l’esistenza di “aspettative” prima create dallo Stato sovrano per attirare l’investimento e in seguito frustrate; o infine nel caso in cui lo Stato “nazionalizzi” i servizi in un’area in cui la società straniera stava già operando (è il cosiddetto “esproprio indiretto”, che opererebbe anche in aree di pubblica utilità come servizi sociali e sanitari). Questo aspetto è molto importante perché anzitutto crea un tribunale (di prima istanza e di appello) che sostituisce la giustizia ordinaria dei paesi UE e del Canada (ed era anche per questa ragione che il vice-cancelliere tedesco Gabriel aveva chiesto la ratifica da parte dei parlamenti nazionali–successivamente ottenuta). E’ poi ovviamente importante perché stabilire quali siano i margini per fare causa a uno Stato sovrano da parte di un’impresa che ritiene di essere stata danneggiata da un “esproprio indiretto” può comportare sia esborsi notevoli di denaro, se non anche la rinuncia forzata da parte di alcuni stati alla gestione pubblica di certi servizi (nel caso in cui perdano la causa). In terzo luogo, il Tribunale speciale funziona in senso unilaterale: le società straniere possono portare a giudizio lo Stato ospitante, ma non viceversa (anche se qui immagino lo Stato possa rivolgersi alla giustizia ordinaria).
  3. Terzo punto molto delicato anche questo: facilitando l’ingresso di prodotti canadesi (o americani, in quanto svariate società americane hanno sussidiarie in Canada), aumenterebbero i rischi di sicurezza agro-alimentare, laddove il partner commerciale non rispetti gli stessi standard di qualità europei. Il caso più spesso citato è l’uso del glifosato (contenuto nell’erbicida Roundup) per produrre grano duro in Canada e USA, che l’Organizzazione Mondiale per la Sanità aveva dichiarato nel 2015 “probabilmente cancerogeno” (categoria 2A, come le carni rosse), e successivamente con la FAO ha ritrattato la sua posizione. Si può allora stare tranquilli? Sí e no, se è vero che  l’Italia ad Agosto 2016 ha per esempio introdotto un divieto all’uso del glifosato in aree frequentate da bambini e nella pre-raccolta. Ci sono quindi domande ancora aperte su questo punto.
  4. Infine, un’altra posta in palio–indiretta– riguarda il fatto che il processo di approvazione del CETA è anche ovviamente un test sull’Europa e sul funzionamento delle sue istituzioni. Prendendola un po’ alla larga con un esempio: se  è pacifico che il Partito Democratico Italiano crede nell’Europa, probabilmente si può anche affermare che il PD sia tra quelli che vogliono realizzare un giorno gli “Stati Uniti d’Europa”, cioè una federazione sovrana di stati come gli USA (più o meno). Se è così, allora ogni cessione di sovranità alla UE riguarda la realizzazione di questo obiettivo. Per cui, nel caso del CETA, tutte le negoziazioni che hanno portato la commissione Europea (statutariamente titolare del diritto di stipulare accordi commerciali) a concedere un ulteriore diritto di ratifica ai parlamenti degli stati membri (inizialmente non previsto), è un ulteriore chiaro segno della tuttora incerta “sovranità” delle istituzioni europee. E sappiamo che la mezza sovranità ceduta (quella monetaria, per chi sta nell’Euro) va alla fine o completata o rimangiata, altrimenti il sistema europeo continuerà a essere zoppo. Ecco perché il PD, che ha votato a maggioranza per il CETA, non era inizialmente entusiasta all’idea di rimettere la ratifica finale ai parlamenti nazionali (creando ritardi e incertezze sull’esito finale).

Ora, se siamo tutti d’accordo che le questioni siano tante e importanti, non capisco come si giustifichi questa povertà di argomentazioni da parte dei sostenitori del CETA. Per quanto riguarda il PD, in questa veloce ricognizione online fatta “di pancia” ho trovato più o meno soltanto la voce della deputata europea Alessia Mosca, che ha rilasciato interviste e ha contribuito dal suo sito (ripeto, parlo soltanto di fonti internet). In un FAQ del suo sito è incoraggiante leggere che “il divieto di commercializzazione di carne bovina contenente ormoni impedirà l’accesso al mercato europeo a quasi tutti gli allevatori canadesi.” Cosi come rassicura il fatto che la natura del tribunale speciale sia stata dibattuta, modificata e ulteriormente da completare. E’ anche utile apprendere che un trattato analogo con la Corea del Sud ha portato enormi benefici alle esportazioni dell’Unione Europea (così da ispirare ancora di più sulla bontà del CETA). Ma il sito di Alessia Mosca è poca cosa rispetto al fiume di critiche che circolano in rete. In generale non trovo un dibattito esaustivo e appassionato su questioni come ad esempio il “principio di precauzione“, riconosciuto dallo statuto dell’Unione Europea e che stabilisce che in “mancanza di una certezza scientifica che permetta di escludere ragionevolmente la presenza dei rischi”, è meglio non procedere con la commercializzazione di un prodotto. Così come non sembra esserci troppa attenzione sulle miriadi di possibili abusi che questo nuovo sistema giudiziario potrebbe subire da parte di grosse multinazionali, o sui possibili ostacoli alla produzione pubblica di servizi (acqua, sanità, servizi sociali) che questo nuovo quadro normativo potrebbe comportare (e i rischi sono segnalati dai ricercatori e dalla stampa). E’ vero che il parlamento Italiano, cosiccome i parlamenti di tutti i 28 stati membri saranno chiamati a ratificare. Ma a parte che non sempre il parlamento trova il tempo di–appunto– parlare esaustivamente delle questioni, e di coinvolgere la stampa su questo. In secondo luogo, cosa è successo fino ad ora? Perché prestarsi a questo sospetto di “segretezza”?  Possibile che l’argomento appassioni solo la deputata Mosca? E perché lasciare i social in mano alle sole critiche? Sappiamo che in Facebook e Twitter transitano bufale e discorsi facili, ma sono anche un veicolo di informazione, per molti addirittura il principale.

I cittadini vogliono risposte e dati sulle questioni di salute e lavoro. Non possiamo essere avari di comunicazione, soprattutto in mezzo a questo clima di sentimento anti-europeista.