(tradotto dall’originale di Scott Santens scritto per il World Economic Forum)

Ipotizziamo per un momento che da oggi in avanti al primo del mese circa 1.000 dollari vengano depositati sui vostri conto conti correnti—per il solo fatto di essere cittadini. Questo reddito è indipendente da ogni altra fonte di reddito e garantisce uno stipendio mensile di partenza al di sopra della soglia di povertà per tutta la vita.

Cosa fareste? E forse anche più importante è cosa non fareste? In che modo questa solida base di sicurezza economica e libertà positiva influenzerebbe le decisioni presenti e future, dal lavoro che si sceglie, fino alle relazioni che si decide di mantenere e ai rischi da assumere?

L’idea si chiama Universal Basic Income—UBI (“reddito universale di base non condizionato”, cioè “Reddito di Cittadinanza” in italiano). E ‘come la pensione sociale per tutti, un’idea che si sta radicando in giro per il mondo, attraverso l’intero spettro politico, per una serie di ragioni convergenti. La crescente disuguaglianza, decenni di salari stagnanti, la trasformazione di carriere di una vita in mansioni part-time, una tecnologia che si sviluppa in modo esponenziale—robot e network intelligenti—sempre più in grado di sostituire secondo alcune stime la metà dei lavori ad oggi esistenti; ma anche in virtù di eventi che hanno cambiato il mondo, come Brexit e l’elezione di Donald Trump – tutto questo e altro ancora sta indicando la necessità di cominciare a garantire a tutti almeno un reddito di base per la durata intera della vita.

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Image: Vitaly

Una promessa di pari opportunità

“Il reddito di cittadinanza” sarebbe un tot sufficiente a coprire i bisogni primari, una base permanente di guadagni di cui cui nessuno può trovarsi al di sotto, e sostituirebbe molte delle spese assistenziali straordinarie di oggi, che sono assegnate solo in caso di emergenza, e/o solo a coloro che riescono a dimostrare di averne diritto. L’UBI è una promessa di pari opportunità, non di pari risultato, una nuova base di partenza fissata al di sopra della soglia di povertà.

Può sorprendere scoprire che un UBI parziale è già esistito in Alaska dal 1982, e che una versione di reddito di base è stato testato sperimentalmente negli Stati Uniti nel 1970. Lo stesso vale per il Canada, dove la città di Dauphin riuscì a eliminare la povertà per cinque anni. Esperimenti completi di UBI sono stati realizzati più di recente in luoghi come la Namibia, l’India e il Brasile. Altri paesi stanno seguendo l’esempio: Finlandia, Paesi Bassi e il Canada stanno conducendo esperimenti finanziati dal governo per confrontarne l’efficacia rispetto ai programmi esistenti. Organizzazioni come Y Combinator e GiveDirectly hanno lanciato esperimenti finanziati da privati negli Stati Uniti e in Africa orientale, rispettivamente.

So cosa state pensando. E’ la stessa cosa che pensa la maggior parte di chi è nuovo all’idea. Dare soldi a tutti per non fare niente? La cosa suona sia incredibilmente costosa e anche un modo eccellente per incoraggiare le persone a non fare nulla. Beh, può sembrare contro-intuitivo, ma in entrambi i casi è vero l’esatto contrario. Ciò che è incredibilmente costoso è (piuttosto) non avere un reddito di base, e ciò che realmente motiva le persone al lavoro è, da un lato, che lo Stato non prenda indietro i soldi che le persone hanno guadagnato con il lavoro, e dall’altra parte, qualcosa che non c’entra affatto con il denaro.

I numeri del reddito di cittadinanza.

Ciò che tende a non essere compreso dell’idea del reddito di base, e questo è vero anche per molti economisti – ma non tutti – è che questo reddito rappresenta un trasferimento netto. Allo stesso modo in cui non costa 20$ dare a qualcuno 20$ in cambio di 10$, così non costa 3 trilioni di dollari dare ad ogni cittadino adulto 12.000$ e a ogni bambino 4.000$, perchè ogni famiglia pagherà diversi ammontari di tasse in cambio del loro UBI. Il costo reale sarebbe circa il 30% di quella cifra, ovvero circa 900 miliardi, e questo prima di eliminare integralmente o parzialmente gli altri programmi e crediti d’imposta resi ridondanti dal nuovo trasferimento. In altre parole, se a qualcuno le tasse salgono di 4.000$ per pagare 12.000 $ di UBI, il costo per dare l’UBI a quella persona è di 8.000$ e non 12.000$, e questa somma proviene da qualcun altro (più ricco) le cui le tasse sono aumentate di $20.000. E comunque anche questo questo quadro è parzialmente incompleto, perché l’eliminazione di altri trasferimenti sociali e la riforma del sistema di tassazione suscitata dall’UBI permetterebbero di diminuire anche di più il costo totale.

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Ora, questa idea di sostituire i programmi esistenti può spaventare qualcuno proprio mentre è appetibile per altri, ma la scelta non è o tutto o niente: il consolidamento parziale è possibile. Un esempio di consolidamento parziale: siccome la maggior parte degli anziani riceve già in pratica un reddito di base grazie alla previdenza sociale, potrebbe allora scegliere o l’uno o l’altro, oppure una percentuale della pensione potrebbe essere convertita in reddito di base. In entrambi i casi nessun anziano guadagnerebbe in totale un centesimo in meno di adesso, ma il conto dell’UBI si ridurrebbe di circa 220 miliardi di dollari. Nel frattempo, per fare solo alcuni esempi di spese sociali che potrebbero e forse dovrebbero essere consolidate integralmente nel reddito di base sarebbero i buoni pasto (108 miliardi di dollari), i sussidi alla disoccupazione (72 miliardi), i crediti d’imposta per i figli (56 miliardi), l’assistenza temporanea per famiglie bisognose (17 miliardi) e la deduzione degli interessi sul mutuo per l’abitazione (di cui in ogni caso beneficiano soprattutto i ricchi, per un costo di almeno 70 miliardi di dollari all’anno). In totale sono 543 miliardi  di dollari spesi in UBI invece che su tutte queste spese pubbliche, le quali rappresentano solo una frazione della lista completa, e senza alcun bisogno di tagliare in assistenza sanitaria e in istruzione.

Allora, qual è il costo reale?

Il costo reale netto del Reddito di Cittadinanza negli Stati Uniti si avvicina di più all’equivalente di un aumento di entrate fiscali per poche centinaia di miliardi di dollari – o meno – a seconda delle opzioni scelte, ed esiste già una serie di idee in questo senso, ispirate al bisogno di finalmente riconoscere agli individui il loro ruolo di “azionisti” della società (si pensi solo al fatto che la maggior parte della Ricerca & Sviluppo viene già finanziato dalle tasse), idee che permetterebbero anche di ridurre le tasse sul lavoro, per concentrarsi sul capitale, sui consumi e sulle “esternalità” invece che sui salari e gli stipendi. E ancora, si potrebbero tagliare i 540 miliardi di dollari di spese fiscali attualmente garantite in modo sproporzionato per i più ricchi, e anche parte degli 850 miliardi di dollari spesi per la difesa.

Il reddito di base universale è dunque del tutto accessibile e simile all’idea della “tassa negativa sul reddito” di Milton Friedman (lui stesso ne era consapevole), dove coloro che guadagnano al di sotto di una certa soglia ricevono un  reddito supplementare, e coloro che guadagnano oltre una certa soglia sono tassati. L’ UBI non esiste al di fuori del sistema di tassazione, a meno che non sia garantito attraverso un’espansione monetaria pura o con mezzi extra-governativi. In altre parole, sì, Bill Gates otterrà 12.000 dollari in più nel suo conto in banca, ma essendo uno dei miliardari più ricchi al mondo pagherà anche molto di più dei 12.000 dollari in nuove tasse. Il contrario invece accadrà all’80% di tutte le famiglie degli Stati Uniti, che pagheranno o lo stesso o addirittura meno tasse in totale.

Per alcuni questo può sembrare uno spreco. Perché dare soldi a qualcuno che non ha bisogno, e poi tassargli gli altri redditi? Mettiamola in questo modo: è uno spreco mettere le cinture di sicurezza in tutte le automobili anziché soltanto nelle auto di coloro che hanno avuto incidenti, che dimostrano così di avere bisogno di cinture di sicurezza? Chi è bravo al volante non è mai coinvolto in incidenti, vero? E perciò sembra uno spreco. Ma non è così, basti pensare sia ai costi assurdi sostenuti per determinare chi ha o non ha bisogno di cinture di sicurezza. E si pensi anche agli esborsi folli da sopportare nel caso in cui ci si sbagliasse. Bisogna anche ammettere che gli incidenti non capitano solo ai pessimi guidatori. Possono capitare a chiunque, in qualsiasi momento, anche per puro caso. Di conseguenza cinture di sicurezza per tutti.

La verità è che il costo della povertà è socialmente enorme. La povertà appesantisce il sistema sanitario. Appesantisce il sistema di giustizia penale. Appesantisce il sistema di istruzione. Grava anche sugli aspiranti imprenditori, grava sia sulla produttività che sul potere d’acquisto dei consumatori e quindi sull’intera economia. Il costo complessivo di tutti questi fardelli è ben superiore al trilione di dollari all’anno, perciò le poche centinaia di miliardi di costo aggiuntivo netto richiesti dall’UBI si ripagano più volte. Questi sarebbero i numeri generali della riforma.

Gli effetti reali sulla motivazione

E per quanto riguarda la gente che sceglie di non lavorare? Non è anche quello un grosso peso per la società? E’ proprio qui dove le cose si fanno interessanti. Anzitutto, l’assistenza sociale condizionata crea un disincentivo al lavoro per il solo fatto che i trasferimenti sociali vengono interrotti in risposta al lavoro retribuito. Se accettare un qualsiasi lavoro da parte di una persona in assistenza sociale migliora a malapena la sua situazione, o addirittura la peggiora, che ragione c’è di lavorare? Con il reddito di cittadinanza invece, tutti i redditi da lavoro retribuito (al netto delle tasse) entrano come extra reddito, così che tutti starebbero meglio di prima, indipendentemente dal tipo di lavoro assunto- sia a tempo pieno, a tempo parziale o occasionale. In questo modo il reddito di cittadinanza non disincentiva mai al lavoro. Rimuove anzi il disincentivo al lavoro insito nelle esistenti prestazioni sociali condizionate .

Ma ciò che affascina è che proprio nei maggiori incentivi il reddito di cittadinanza brilla davvero. Studi sulle motivazioni rivelano che compensare le attività con il denaro costituisce un forte motivatore per il lavoro meccanico, ma un povero motivatore per il lavoro creativo. Aggiungiamo il fatto che il lavoro creativo è ciò che rimarrà dopo che la maggior parte del lavoro meccanico verrà consegnata ai computers, siamo perciò di fronte a un futuro in cui il lavoro rimasto per l’uomo non sarà più motivato estrinsecamente dal denaro, ma intrinsecamente dal perseguimento di obiettivi più importanti. È la differenza tra fare un lavoro senza senso per soldi, e l’utilizzo dei soldi per fare un lavoro che ti realizza come persona.

Il reddito di cittadinanza perciò è funzionale al futuro del lavoro, e permette anche di riconoscere tutto quel lavoro non remunerato ma intrinsecamente remunerativo che esiste oggi e che potrebbe crescere, ad esempio sotto forma di 700 miliardi di dollari destinati agli assistenti volontari per anziani e malati che operano negli Stati Uniti ogni anno, e a tutto il lavoro del movimento open source per il software libero, che è ormai parte integrante di Internet.

C’è anche un altro modo, un po’ più teorico, in cui il reddito di cittadinanza potrebbe influenzare gli incentivi al lavoro, e che viene raramente menzionato. L’UBI ha il potenziale per far meglio corrispondere i lavoratori con il posti di lavoro giusto per loro, aumentare notevolmente il coinvolgimento nel lavoro, e anche trasformare i lavori stessi attraverso il potere di rifiutarli, fornito anch’esso dalla presenza dell’UBI.

Un mercato del lavoro realmente libero 

Quante persone sono insoddisfatte del loro lavoro? Secondo Gallup, in tutto il mondo, solo il 13% di quelli che lavorano si sentono soddisfatti. Negli Stati Uniti, il 70% dei lavoratori non si sentono motivati o attivamente non coinvolti, il cui costo è rappresentato da una perdita di produttività pari a circa 500 miliardi di dollari all’anno. Un povero coinvolgimento nel lavoro è anche associato a riluttanza a donare soldi, al volontariato o ad aiutare il prossimo. Ne risulta un’erosione misurabile della coesione sociale.

Allo stesso tempo ci sono quelli tra i disoccupati che vorrebbe essere impiegati, ma i lavori sono mantenuti da coloro che in realtà non vorrebbero quel posto. È questo il risultato inevitabile del bisogno di lavorare per vivere. Senza una vera possibilità di scelta, le persone fanno lavori che non vorrebbero fare, in cambio di denaro che potrebbe addirittura non essere sufficiente – ma comunque è meglio di niente – e poi restare aggrappate a quel lavoro retribuito, pur rimanendo “lavoratori poveri” e/o disimpegnato. È un vero disastro.

Il reddito di cittadinanza – un esempio con 100 persone

Prendiamo un’economia senza reddito di cittadinanza. La chiameremo Nazione A. Per ogni 100 adulti in età lavorativa ci sono 80 posti di lavoro. Metà della forza lavoro (40) non è soddisfatta della loro occupazione, 20 sono disoccupati con la metà dei quali davvero desidera un lavoro ma non lo trova.

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Il reddito di cittadinanza cambia sostanzialmente questa situazione. Fornendo incondizionatamente reddito al di fuori del rapporto di lavoro, le persone possono rifiutarsi di fare i lavori che non desiderano. Questo fatto a sua volta apre quei posti di lavoro a quei disoccupati che desiderano di lavorare. Inoltre, si crea un potere contrattuale per tutti di negoziare condizioni migliori. Quanti posti di lavoro diventerebbero più ambiti se pagassero più soldi o richiedessero meno ore? Come potrebbe, questa riorganizzazione dell’offerta di lavoro, influire sulla produttività, se la percentuale di lavoratori insoddisfatti crollasse? Quanta più ricchezza verrebbe creata?

Consideriamo allora un’economia con reddito di cittadinanza. Chiamiamola Nazione B. Per ogni 100 adulti in età lavorativa ci sono ancora 80 posti di lavoro, almeno all’inizio. La forza lavoro insoddisfatta dice “no, grazie” al mercato del lavoro così com’è, consentendo a tutte le 50 persone che davvero vogliono lavorare di fare i lavori che desiderano. Per attrarre coloro che chiedono più salario o una settimana di lavoro più corta, alcuni datori di lavoro aumentano i salari. Altri riducono le ore settimanali di lavoro. Il risultato è un mercato del lavoro trasformato con lavoratori più soddisfatti, più occupati, lavoratori meglio retribuiti e più produttivi. Meno persone restano escluse, e c’è forse più spazio per tutti i lavoratori per diventare imprenditori autonomi.

 

Screen Shot 2017-04-12 at 1.53.45 PMIn poche parole, un reddito di cittadinanza migliora il mercato del lavoro rendendolo facoltativo. La trasformazione da mercato coercitivo ad un libero mercato significa che i datori di lavoro devono attirare i dipendenti con una migliore retribuzione e orari più flessibili. Significa anche una forza lavoro più produttiva, che elimina potenzialmente la necessità di leggi sul salario minimo, distorsive del mercato. Forse si ridurrebbero anche gli attriti al cambiamento di lavoro, così che le persone possono muoversi più facilmente da un lavoro all’altro, o da lavoro a formazione/riqualificazione, o anche da lavoro dipendente a un ruolo imprenditoriale, tutto grazie alla maggiore liquidità posseduta dagli individui e all’eliminazione di condizioni nei trasferimenti sociali e di una controproducente burocrazia.

Forse la cosa migliore di tutto, l’automazione di posti di lavoro con bassa domanda viene ulteriormente incentivata attraverso l’aumento dei salari. I lavori che le persone si rifiutano di fare per meno del costo di una macchina diventerebbero lavori per i robot. E grazie al fatto che quei lavoratori sostituiti dalle macchine si ritrovano con un reddito di base, non verrebbero semplicemente lasciati al freddo e senza lavoro. Sarebbero invece più in grado di trovare un nuovo lavoro, pagato o non pagato, a tempo pieno o part-time, che meglio gli si addice.

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La punta di un grande iceberg

L’idea del reddito di base suona ingannevolmente semplice, ma in realtà è come un iceberg, con tanto di più che si rivela appena ci si immerge più a fondo. Il suo costo a regime, nella forma di investimento in capitale umano per produrre ritorni molto maggiori, e i suoi effetti su ciò che ci motiva in quanto esseri umani, sono solo alcuni assaggi di questa profondità. Ce ne sono molti di più. Alcuni sono già noti, come gli effetti positivi sulla coesione sociale e sulla salute fisica e mentale, come si è visto nel calo del 42% della criminalità in Namibia e la riduzione dell’8,5% dei ricoveri a Dauphin, Manitoba. I debiti tendono a crollare. L’imprenditorialità tende a crescere. Altri effetti devono ancora essere scoperti da ulteriori esperimenti. Ma esiste un crescente corpus di evidenze dietro al reddito di cittadinanza che lo indica come qualcosa di molto più trasformativo per il futuro del lavoro di quanto si potesse immaginare durante una lunga storia di teorizzazione.

È come il gioco del Monopoli, dove le squadre vincenti hanno riscritto le regole in modo che i giocatori non raccolgono più i soldi quando passano una certa stazione. Il cambio delle regole funziona per escludere le persone dai mercati. Il reddito di cittadinanza corregge questa distorsione. Ma è più di un semplice strumento per migliorare i mercati rendendoli più inclusivi; c’è qualcosa di più fondamentale in esso.

Gli esseri umani hanno bisogno di sicurezza per prosperare, e il reddito di base è una base economica sicura – la nuova base dalla quale trasformare la precarietà del presente, e costruire un futuro più solido. Questo non significa considerarla una pozione magica. È solo che i nostri problemi non sono impossibili da risolvere. La povertà non è un nemico soprannaturale, né l’estrema disuguaglianza o la minaccia della perdita di reddito a causa di automazione. Tutte sono solo delle scelte. E in qualsiasi momento, possiamo scegliere di farne di diverse.

In base alle prove che già possediamo e che probabilmente continueremo a raccogliere, credo fermamente che una di quelle scelte dovrebbe essere il reddito di cittadinanza incondizionato come un nuovo punto di partenza uguale per tutti.

(originariamente pubblicato in weforum.org)